La storia

La strage di Marzabotto

La strage di Monte Sole è l’eccidio più efferato e di più vaste proporzioni contro la popolazione civile che si è avuto nell’Europa occidentale durante la seconda guerra mondiale. Fu perpetrato dalle SS tedesche, ovvero dalla 16a divisione corazzata granatieri Reichsführer – e segnatamente dal battaglione Panzeraufklärungsabteilung, specializzato nella controguerriglia –, con l’apporto di alcuni fascisti di stanza in quel territorio. Le violenze interessarono i territori di Marzabotto, Monzuno e Grizzana Morandi; dato l’elevato numero di morti nel primo di questi tre comuni, è spesso utilizzata l’espressione «strage di Marzabotto».

29 settembre - 5 ottobre 1944

Gli eventi si svolsero tra il 29 settembre e il 5 ottobre del 1944 anche se alcune persone furono uccise anche nei giorni seguenti. Secondo le stime più recenti, successive al processo, l’eccidio provocò almeno 770 vittime, di cui 217 bambini, 392 donne e 132 anziani. Le uccisioni si susseguirono incessantemente nei sette giorni suaccennati, interessando differenti località del territorio attorno a Monte Sole e lasciando via di scampo a ben poche persone.

Gli eventi

Le vicende si inscrivono in una fase delicata del secondo conflitto mondiale. Infatti, nell’autunno del 1944, le truppe Alleate stavano risalendo la penisola e minacciavano di sfondare la Linea Gotica, ovvero le difese nazifasciste sull’Appennino tosco-emiliano, lungo una linea ideale che congiungeva Carrara a Pesaro. Inoltre, fra i monti attraversati da tali fortificazioni, agivano varie formazioni partigiane; nell’area attorno a Monte Sole operava la Brigata Stella Rossa, che da una posizione elevata e impervia portava attacchi ai nazifascisti nelle due vallate del Setta e del Reno. In questo scenario bellico, la truppe tedesche, supportate dai fascisti locali della Repubblica di Salò, pensarono di fare terra bruciata in alcuni luoghi strategici, sterminando la popolazione civile che avrebbe potuto aiutare gli Alleati o la Resistenza. Già nell’agosto del 1944, sul versante toscano, era stata massacrata la popolazione di Sant’Anna di Stazzema, per un totale di 560 vittime. Le decisioni in tal senso furono prese dal feldmaresciallo Albert Kesselring, mentre a guidare le truppe durante l’eccidio fu in primo luogo il maggiore Walter Reder.
A Monte Sole almeno mille militari tedeschi divisi in quattro plotoni – ai quali si erano uniti dei fascisti con funzioni di guide e di informatori – circondarono una vasta area, procedendo poi sistematicamente borgata per borgata, casolare per casolare, a rastrellare e uccidere i civili, col preciso intento di eliminare i partigiani della Stella Rossa, che furono respinti verso le cime dell’acrocoro e che persero nelle prime ora di combattimento il comandante Mario Musolesi “Lupo”. Nei giorni successivi i tedeschi si trincerarono su Monte Sole e la zona fu liberata dagli Alleati solo nell’aprile del 1945. Le vittime furono sterminate in 115 luoghi diversi, chi sul posto, chi in improvvisati punti di raccolta (in particolare il cimitero di Casaglia), chi con un colpo di pistola, chi con una raffica di mitra, chi dal lancio di una granata, chi dall’incendio della propria abitazione. La violenza praticata fu atroce, con anziani decapitati, donne stuprate e poi uccise, bambini gettati vivi tra le fiamme. La vittima più giovane fu Valter Cardi, neonato di soli quattordici giorni.
Molti corpi degli uccisi rimasero insepolti per mesi e solo dopo la fine della guerra ci si poté rendere conto pienamente dell’entità della strage, iniziando a ricostruire l’accaduto e stabilendo il numero delle vittime. A proposito di quest’ultimo, nel secondo dopoguerra si dichiarò che i morti erano stati 1830, cifra che in realtà rappresentava i caduti di un territorio più ampio e di un tempo più lungo. Accurate ricerche più recenti hanno accertato almeno 770 uccisi.

Un massacro pianificato

La strage di Marzabotto si configura come un emblematico caso di «guerra ai civili», rastrellati e stanati in un territorio relativamente ampio, con piccoli borghi, case coloniche, parrocchie, osterie ed empori, collegati tra loro da strade carrabili e da sentieri. Fu un massacro pianificato e messo in atto nel corso di una settimana di violenze, spesso inaudite, inframmezzate da bagordi e saccheggi, con le truppe tedesche che depredavano le vittime dei pochi oggetti di un qualche valore che possedevano – orologi, bracciali, portafogli – e che di notte spesso festeggiavano con le bottiglie di vino razziate nelle abitazioni contadine